Come si diventa una pilota di una Ferrari da corsa? Intervista a Manuela Gostner

In pista con Manuela: tra sogni e Ferrari

Scopri come Manuela Gostner ha realizzato il suo sogno di diventare pilota di una Ferrari da corsa. Dalla nascita della passione per le corse alle sfide incontrate, dal brivido di gareggiare con una Ferrari 296 alla vita privata, ecco un’intervista che esplora il ruolo delle donne nel mondo delle corse e offre consigli preziosi per le aspiranti piloti.

Intervista a cura di Luca Greco (SEO Copywriter di Synesthesia).

Manuela, come si diventa una pilota di auto da corsa? Quando è nato questo grande sogno?

“Io ho fatto una partenza un po’ differente. La mia passione per questo sport è nata molto tardi, quando avevo 30 anni. Non ho fatto, quindi, un percorso come fanno tutti i piloti. La mia prima passione è stata la pallavolo, poi ho avuto due bambine e ho lavorato nell’azienda di famiglia. Ho sempre vissuto una vita “normale”, insomma. Poi grazie a mio fratello e a mio padre è cambiato tutto. Una volta, nel 2014, sono andata ad assistere a una loro gara durante una finale mondiale. Ricordo che ero molto incuriosita ed emozionata nello stesso tempo. Mio padre ha subito notato quello che stavo provando e mi ha chiesto di andare con lui a fare una giornata di test. 

Il mio primo test è stato fatto a bordo di una Ferrari 458, con 600 cavalli. Non avevo nessuna preparazione e nessun allenatore. Ho iniziato, quindi, a fare le prime prove. Subito dopo, mio fratello, che in quell’anno stava per vincere il campionato mondiale, mi ha spiegato come si guida una macchina da corsa a limite ed è stato qualcosa di indescrivibile. Ero letteralmente meravigliata da quello che stavo vivendo. Mai avrei immaginato tutto questo, neppure nei miei sogni più matti. Queste sensazioni hanno fatto scattare un senso di sfida in me e ho pensato: se mio fratello più piccolo può fare queste cose, lo posso fare anch’io. Volevo diventare la pilota più brava. 

Da quel giorno è iniziato tutto il mio percorso, grazie anche al lavoro svolto con il mio allenatore Giorgio Sernagiotto. Ho iniziato a fare le gare nel 2015. All’inizio non sembravo molto portata. Il mio punto forte non era il talento, ma la determinazione. Solitamente quando mi pongo un obiettivo non mollo mai e lavoro tanto per arrivarci. Un’altra mia caratteristica è certamente l’essere metodica nelle cose che faccio. Pian piano ho imparato nuove cose, ho fatto le prime esperienze, poi sono arrivate le prime pole e, infine, le prime vittorie. È stato tutto molto intenso e concentrato nel giro di pochissimo”.

Quali sono le sfide che hai affrontato durante questo percorso? Secondo te, oggi è cambiato il ruolo delle donne nel mondo delle corse?

“Ho iniziato a gareggiare quando in realtà molte donne prima di me avevano già fatto un lavoro importante. Quando correvo non sembravo un’aliena. In fondo non era più così tanto strano veder correre una donna. E questo risultato è stato raggiunto solamente grazie alle grandi figure come Monica Zanetti e Renata Nosetto. Oggi le cose stanno cambiando: sono sempre più le bambine e le ragazze che decidono di correre. Questo è stupendo perché una volta non era così. Le ragazze vedono in pista le donne e si ispirano a loro”.

Quali consigli ti senti di dare alle giovani donne che aspirano a seguire il tuo esempio?

“In realtà è un po’ come in tutti i lavori della vita. Il motorsport in fondo non è così lontano dagli altri lavori considerati maschili o dagli altri sport. Le donne sono brave come gli uomini, dobbiamo solamente credere di più in noi stesse, nei nostri sogni. Solo così possiamo raggiungere grandi risultati, dobbiamo fidarci di noi stesse e delle nostre intuizioni”.

Cosa provi quando corri con la tua Ferrari 296?

“È un’emozione fortissima. Ogni volta che salgo sulla mia macchina da corsa l’adrenalina è a mille. Quando guidi bene e sei nel flow è come se ti trovassi in un viaggio ed è stupendo perché ti senti bene. Fare le gare e partecipare alle competizioni, però, è dura. Non è facile arrivare con venti macchine tutte alla prima curva perché tutte vogliono vincere, tutte vogliono passare. C’è anche sofferenza fisica perché c’è molta intensità. Sei come un astronauta, hai caldo e devi guidare fortissimo. Pensa che i miei battiti in gara sono a 185. 

Per darti un’idea di quello che proviamo penso a Michael Schumacher che ha detto che guidare una macchina da corsa è come essere in sauna, fare flessioni e giocare a scacchi nello stesso tempo”.

E quando non corri, com’è la tua vita privata? Come riesci a bilanciare il ruolo di pilota di auto da corsa con quello di mamma?

“La mia vita da mamma è molto simile a quella di qualunque altra mamma che lavora e che ha tanti impegni. È difficile bilanciare sempre le cose, ma per fortuna le mie figlie hanno dei nonni fantastici e io ho attorno a me persone che mi sostengono in tutto quello che faccio”.

Che cosa pensi dell’iniziativa di AWA (Automotive Women Association)?

“Come ho già detto prima, abbiamo tutti bisogno di esempi concreti a cui far riferimento, ai quali ispirarci. Sapere che vi sono obiettivi raggiungibili ci motiva e ci spinge a dare il massimo. Io ho iniziato a guidare auto da corsa grazie a donne come Monica Zanetti, che hanno tracciato la strada prima di me. Per me, ogni associazione e iniziativa che si dedica all’ispirazione per lanciare un messaggio alle future generazioni è di vitale importanza. AWA fa tanto in questo senso, promuovendo il ruolo delle donne nel mondo dell’automobilismo. Per questo motivo sono felice di parlarne qui con te”.