Come si diventa tecnico meccanico della Ferrari? Intervista a Monica Zanetti

Oggi abbiamo il privilegio di intervistare Monica Zanetti, una pioniera nel mondo dei motori, co-fondatrice della Scuderia Belle Epoque e prima donna ad essere stata ingaggiata da Enzo Ferrari come tecnico meccanico. Nel corso di questa intervista, Monica condividerà la sua esperienza e le sue prospettive sulle dinamiche di genere in un settore tradizionalmente dominato dalla presenza maschile.

Intervista a cura di Luca Greco (SEO Copywriter di Synesthesia).

Monica, attualmente sei co-fondatrice della Scuderia Belle Epoque e storica figura del mondo Ferrari. Sei stata la prima donna ad essere ingaggiata da Enzo Ferrari come tecnico meccanico. Ti va di raccontarci brevemente come è successo tutto questo? Come è nata la passione per i motori?

“Quando sono stata chiamata in Ferrari nel ‘79 avevo 15 anni. Io volevo andare nel reparto motori, ma mi assegnarono nel reparto carrozzeria. Io ci andai lo stesso perché il mio obiettivo era entrare in Ferrari. In quegli anni c’erano già donne che lavoravano in azienda, per esempio nel reparto tappezzeria, ma io volevo usare gli attrezzi e costruire una macchina da zero per poi consegnarla al collaudatore che andava in strada. Il mio sogno si è realizzato, ma non è stato un percorso facile.

Fin da piccola ho sempre convissuto con questa grande passione, ho sempre vissuto quel mondo. Nella mia famiglia mio zio e mio padre lavoravano per la Ferrari. In casa mia si parlava solamente di Ferrari e di Enzo Ferrari. A me tutto questo arrivava, lo sentivo. Mi sembrava già di far parte della Ferrari”.

Potresti condividere un’esperienza che ritieni abbia avuto un impatto fondamentale sia sulla tua crescita professionale che personale all’interno dell’industria dei motori?

“Sicuramente l’incontro con Enzo Ferrari. Tutto è accaduto grazie a Dino Tagliazucchi, che mi convocò per dirmi che il commendatore voleva vedermi. Ricordo molto bene quel giorno. Ero talmente impietrita di fronte a lui da prendermi una sgridata da Franco Gozzi, che mi disse in dialetto modenese: “ma salutel” (tr. “ma salutalo”).

Durante la nostra chiacchierata, lui avvertì sicuramente il mio profondo attaccamento alla Ferrari. Quello che doveva essere un colloquio di 10 minuti, si è trasformò in un incontro di un’ora e un quarto.

Mentre parlavamo, ricordo che Enzo Ferrari, chiese a Gozzi di dargli gli occhiali chiari. Lui portava sempre quelli scuri perché diceva che gli occhi parlavano e prima di conoscere una persona, lui non si voleva mai smascherare. Fino ad allora, io l’avevo visto poche volte con gli occhiali chiari e mai così da vicino.

Al termine del nostro incontro Dino mi disse: “hai visto che il commendatore si ha cambiato gli occhiali? Quando passa dagli occhiali scuri a quelli chiari significa che si fida, che si sente se stesso”. Io ero emozionatissima. Questo episodio mi ha fatto ancora di più amare la Ferrari e dare il massimo, più di quello che davo. Una fiducia che negli anni è cresciuta sempre più, fino a quando sono stata chiamata nel gennaio dell’ ’87 per realizzare la carrozzeria interna ed esterna della mitica F40”.

In che modo hai affrontato e superato le sfide e gli ostacoli legati al genere nel settore automobilistico e quali consigli daresti alle giovani donne che aspirano a seguire le tue orme?

“Le difficoltà sicuramente ci sono. Ma tu devi metterci del tuo. Devi far capire che hai voglia di provarci. Ci vuole passione, devi fare capire che tu vuoi fare questo e che ne hai diritto, a prescindere dal sesso. I mezzi vanno dati a tutti e tutte. Oggi ci sono tante donne ingegneri nel settore automobilistico, ma io vorrei vedere anche una donna ai box che cambia le gomme. Siamo ancora un po’ distanti. Occorre collaborare insieme per cambiare le cose.

Io mi sono guadagnata la fiducia dell’ambiente dimostrando la mia forza e ho vissuto momenti bellissimi con i miei colleghi meccanici che hanno visto in me quello che avevano dentro loro. Raccontare queste storie e questa passione è importante perché è in grado di ispirare”.

Insieme a Laura Tancredi hai fondato AWA (Automotive Women Association), un’associazione senza scopo di lucro, formata da donne che vogliono combattere il gender gap nel settore automobilistico. Come pensi che l’associazione possa contribuire a promuovere un cambiamento in tal senso e una cultura della parità di genere?

“Sicuramente raccontando le testimonianze e le esperienze di donne che hanno un vissuto: sapere che ci sono state donne che ce l’hanno fatta in quel periodo lì è importante. Recentemente in una scuola una ragazza mi ha raccontato di essere stata esclusa da uno stage senza neanche provare. È per questo che noi ci battiamo. Con AWA vogliamo cambiare le cose dando voce a queste donne. Ma la parità deve essere fatta rispettando i diritti e il talento di tutti e tutte nello stesso modo. Solo insieme possiamo abbattere le mentalità chiuse”.