Come si diventa una collaudatrice? Intervista a Loris Bicocchi

Superando i limiti: la formazione di nuove generazioni di collaudatori senza barriere di genere

Loris Bicocchi è una figura leggendaria nel mondo del collaudo automobilistico, un vero e proprio mentore per molti appassionati di auto. Di recente ha deciso di sostenere il progetto di AWA (Automotive Women Association), con la sua Drive Experience Academy, organizzando il nuovo corso per giovani collaudatori e collaudatrici. Bicocchi metterà a disposizione tutta la sua esperienza e passione per formare la prossima generazione di professionisti/e, contribuendo così a superare anche pregiudizi di genere in un settore tradizionalmente dominato dagli uomini. Vuoi saperne di più? Leggi tutta l’intervista!

Intervista a cura di Luca Greco (SEO Copywriter di Synesthesia).

Loris, tu hai fatto della guida una professione, una delle tue ragioni di vita. Come si diventa pilota collaudatore?

“Rispondere a questa domanda non è semplice, perché non esiste un’unica strada per diventare pilota collaudatore. Sono molte le circostanze che possono portarti a questa carriera, servono un po’ di fortuna, tanta passione, tenacia e pazienza. Alcuni piloti a fine carriera sfruttano la loro esperienza per dedicarsi ai test. Altri iniziano come meccanici. C’è anche chi ha seguito un percorso da ingegnere meccanico e ha un talento naturale per la guida. E poi ci sono persone come me, che hanno dovuto fare salti mortali per arrivare dove sono ora. 

Nel mondo, la Drive Experience Academy è l’unica scuola veramente strutturata per formare veri piloti collaudatori e insegnare loro cosa significa il mestiere del collaudo. Abbiamo avuto aspiranti collaudatori da tutto il mondo: dal Sud Africa a New York, dall’Inghilterra alla Francia”.

Che cosa provi quando guidi? È solo un lavoro?

“Ecco, Luca, con il passare degli anni questo lavoro diventa davvero una professione, ma non è mai solo un lavoro. Ho iniziato in Lamborghini nel ’74, ma sono diventato ufficialmente collaudatore nel ’79, quindi ormai sono 45 anni. Da ragazzo guidavo per puro piacere, era una passione assoluta. Poi, man mano che cresci, diventano più grandi anche le responsabilità.

Un collaudatore serio sa quanto pesa una delibera scritta su un foglio di carta. Bisogna sentire la responsabilità. A quel punto sì, è un vero lavoro, ma ci sono momenti in cui torna a essere qualcosa di più. Quando abbassi la visiera, diventa una sfida personale, e viene fuori una parte di te. Nei test che esegui c’è tanto di te: c’è quel ragazzo di vent’anni che accelera un po’ di più, e al tempo stesso c’è l’uomo maturo e professionale che sente il peso delle sue responsabilità. E poi c’è la passione. Quella non mi è mai passata”.  

Quanto è importante nel lavoro che fai il rapporto con il team?

“Fondamentale, davvero. Ho sempre sostenuto che a sviluppare un’auto sia l’intero team, non solo il collaudatore. Non lo dico per falsa modestia, ma il compito del collaudatore è trasferire e tradurre le proprie sensazioni e dati per ingegneri e meccanici. È un lavoro di squadra”.

La Drive Experience Academy, di cui sei fondatore insieme a Davide Cironi, ha dato vita a un progetto formativo per giovani collaudatori e collaudatrici. Ci racconti da dove nasce questa idea e quali sono i suoi obiettivi?

“È iniziato tutto nel 2008, durante una giornata invernale nella mia casa di campagna. Anche nei momenti di relax, come durante le feste natalizie, non riuscivo a smettere di pensare alle macchine. Frequentando i circuiti per i test, mi accorgevo di quanto giovani ragazzi e ragazze fossero affascinati da questo mondo. Spesso si avvicinavano per chiedermi come diventare un pilota collaudatore. Sentivo la grandezza dei loro sogni e ricordavo quanto fosse difficile per me muovere i primi passi senza una guida.

Quel giorno, avevo appena finito di collaudare una vettura per la Dallara, la KTM. Decisi di comprarla e usarla per aprire una scuola di formazione. Questo progetto è nato soprattutto grazie alla preziosa collaborazione con Davide Cironi, il cui contributo è stato fondamentale nel dare forma e visibilità all’idea. Con il supporto dell’Università di Brescia e la consulenza di ingegneri esperti, messa a disposizione gratuitamente dalla Dallara (che ringraziamo), siamo riusciti a sviluppare un format che unisce lezioni in aula e prove pratiche in pista.

Al termine del corso, gli studenti vengono valutati e ricevono un attestato, con aziende come Brembo e Pirelli interessate a reclutare i nostri talenti. Durante i miei anni di lavoro in Germania, ho spesso incontrato piloti collaudatrici donne, apprezzate per la loro sensibilità e precisione nei report. Mi sono sempre chiesto perché in Italia questa presenza femminile fosse così carente.

Sono fermamente convinto che la passione e il talento siano indipendenti dal genere. Con l’Academy, e grazie alla bellissima collaborazione con AWA, vogliamo dare anche alle ragazze italiane l’opportunità di entrare in questo mondo. Provo profondo rispetto per quello che Monica e Laura stanno facendo e sosterrò sempre la loro straordinaria iniziativa. La loro energia è contagiosa”.

Nel corso viene sottolineata l’importanza di riconoscere anche le minime variazioni dinamiche della vettura. Quali sono le caratteristiche fondamentali che una collaudatrice o collaudatore dovrebbe affinare per sviluppare una sensibilità così elevata?

“Durante i corsi, abbiamo avuto la fortuna di incontrare veri talenti, giovani che possiedono una grande passione e un’innata sensibilità per la guida. Ogni volta che vedo questo tipo di potenziale, mi ricordo di quanto sia essenziale questa scuola: c’è bisogno di qualcuno che indichi la strada a chi sogna di diventare collaudatore o collaudatrice. Oltre al talento naturale, ci sono alcune qualità fondamentali che vanno sviluppate. Prima di tutto, l’ascolto: un buon collaudatore deve saper ascoltare sia le indicazioni degli insegnanti sia le risposte della vettura. L’approccio giusto è sempre quello di chi è disposto a imparare, senza mai dare nulla per scontato.

Inoltre, la preparazione fisica è indispensabile. Questo è un lavoro impegnativo e la fatica può facilmente compromettere la concentrazione. Io, per esempio, mi alleno regolarmente, perché in pista è necessario essere lucidi e pronti a percepire ogni reazione dell’auto. Essere in forma permette di mantenere alta l’attenzione, così da fare al meglio il proprio mestiere“.

Il corso include sessioni di guida veloce a bordo di supercar come la Porsche Cayman CUP o la Ferrari 458 Italia. Quanto è importante per un collaudatore saper gestire vetture così performanti e quali competenze specifiche si sviluppano durante queste sessioni?

“La consapevolezza delle proprie capacità è fondamentale dopo aver completato i tre giorni di corso. Il nostro istruttore di guida veloce, un pilota che ha alle spalle l’esperienza di ben cinque auto di Formula 1, valuta molteplici aspetti: l’uso del freno, il controllo del volante, e la precisione nelle traiettorie. Alla fine dei tre giorni, non tutti riescono a capire completamente come affrontare una curva, cioè dove frenare e dove accelerare.

In questa fase di formazione, il controllo della vettura è cruciale. Un collaudatore si trova spesso a testare prototipi in fase embrionale, auto ancora in sviluppo e potenzialmente rischiose. Tocca a noi sistemarle e renderle guidabili, soprattutto durante le prove estreme in pista, dove si spinge tutto al limite”.

Siamo abituati a vederti sfrecciare a grandi velocità, testando le supercar più veloci che ci siano in circolazione. Che significato ha per te il limite?

“Il concetto di limite è un parametro essenziale, un indicatore che il collaudatore deve identificare e misurare. Scoprire il limite richiede doti di guida avanzate e una profonda capacità di controllo del veicolo. Personalmente, cerco spesso di raggiungerlo perché la nostra performance si basa proprio su questo punto. Se un’auto riesce a completare un giro in 1 minuto e 58 secondi, ma io ne impiego 2 minuti e 3, significa che c’è ancora margine di miglioramento. Se riesco a portare quel tempo a 1 minuto e 56, ho trovato un limite più alto, raggiungendo una prestazione superiore a quella della concorrenza o agli obiettivi iniziali.

Detto questo, è importante capire che il fine ultimo della messa a punto non è solo il tempo o la velocità pura in pista. La prestazione complessiva di un’auto è un equilibrio tra velocità, affidabilità e stabilità, e il collaudatore si impegna a ottimizzare ognuno di questi elementi, affinché ogni vettura sia pronta ad affrontare anche le condizioni più estreme”.

A proposito di limite, pensi che in futuro sia possibile superare ogni limite e forma di pregiudizio culturale nel mondo del motorsport nei confronti delle donne?

“Questa è una speranza che nutro profondamente. Le promesse che abbiamo fatto a Laura Tancredi e Monica Zanetti vanno verso questa direzione. Noi ci crediamo”. 

Quali consigli ti senti di dare alle giovani donne che aspirano a seguire il tuo esempio?

“Non saprei. Se guardo me stesso, direi di essere un caso un po’ unico. Il mio rapporto con le auto non è solo una passione: è una vera e propria dipendenza. La mia vita intera è stata impostata in funzione di questo, ed è qualcosa che mi rende un po’ fuori dal comune. Certo, se consigliassi a una giovane ragazza di seguire il mio percorso, probabilmente mi prenderebbero per pazzo. Però vale sempre quello che ti ho detto prima, cioè: umiltà, passione, tenacia, costanza, crederci sempre e continuare a sognare”.